Call of Cthulhu non ha bisogno certo di presentazioni: è uno dei giochi di ruolo più famosi, che ci regala ogni volta nuove emozioni. Spesso ci dona belle storie di orrori innominabili, spesso non ci fa dormire la notte. Sempre c’è da ringraziare H.P. Lovecraft, il maestro dell’horror alle cui idee questo gioco attinge a piene mani.
Quello che voglio fare oggi però è discutere non tanto dell’orrore senza forma del mondo di Cthulhu, ma di scelte. La possibilità di scelta è una delle cose che contraddistinguono il gioco di ruolo, fin dalle origini.
Da cosa sono dettate le scelte? Dalla personalità del personaggio che le compie, dalle sue motivazioni, dall’ambiente e dal momento in cui la narrazione l’ha condotto: un personaggio agirà probabilmente in maniera differente da un altro, posto di fronte alla stessa scelta.
Come ragionare su questo? Voglio riportare qui un breve riassunto di una One-Shot di Cthulhu cui ho partecipato. In questa One-Shot i tre personaggi protagonisti hanno avuto ciascuno un momento in particolare in cui, tramite le loro scelte, hanno potuto decidere liberamente della continuazione della storia.
Aiutandovi a comprendere con un piccolo riassunto, vorrei ragionare proprio su questi tre momenti di narrazione, gioco e interpretazione.
Eagle Point è un paesino nel nord del Canada. Fondato nel 1854 da Henry Lennon, un prospettore, è rimasto un piccolo centro che ricava una piccola ricchezza dalle sue miniere d’argento. Ma Eagle Point nasconde molti più segreti di quanto appaia in superficie: un antico patto siglato con il Goblin, una creatura fatta di ombra, obbliga gli abitanti “originari” del luogo a offrire in pegno una ragazza vergine ogni dieci anni in cambio di ricchezza, benessere e tranquillità. Così è da più di un secolo. I membri ancora in vita della famiglia Lennon si occupano di fare in modo che il patto non venga mai infranto né dimenticato.
Per non uccidere nessuno che fa parte della loro comunità, gli “originari” abitanti di Eagle Point prendono di mira e offrono in sacrificio gli estranei, visitatori sventurati del paesino.
Tre personaggi, nessuno di loro “originario”, si trovano da poco in paese quando scoprono della scomparsa di Mary, una bambina di undici anni. Per varie ragioni si trovano invischiati nelle ricerche e promettono di ritrovarla.
Ciascuno dei personaggi protagonisti si è trovato, una volta per uno, a dover decidere delle sorti della partita. È importante specificare che la One-Shot è stata creata con un Sandbox (i personaggi possono approcciarsi all’input dell’avventura nel modo che più preferiscono, guidati soltanto dalle proprie motivazioni e dai propri obiettivi senza che terze parti intervengano a “girarli” in una certa direzione prefissata, perché una “giusta direzione” non esiste.)
Ma chi sono questi personaggi?
– Detective McGee: texano, trasferitosi da un mese a Eagle Point. Integerrimo eroe e acuto osservatore dal grilletto un po’ troppo facile.
– Miss Kahn: tecnico informatico, donna indipendente che lotta per farsi apprezzare per la sua fine intelligenza più che per il suo non indifferente aspetto fisico.
– Professor Bergmann: Ha abbandonato il lavoro universitario dopo un incidente che l’ha sfregiato. Depresso, solo e abbattuto, fa il bibliotecario a Eagle Point.
Scelta #1 – Miss Kahn a colloquio con Mister Lennon
Invischiata nelle ricerche della bambina, la nostra tecnica informatica ha scoperto, insieme ai suoi due compagni di squadra che, a intervalli di dieci anni, a Eagle Point scompare qualcuno dall’epoca della sua fondazione. Miss Kahn sospetta fortemente che questo in qualche modo sia collegato alla figura misteriosa dei Lennon, i fondatori della città. Rimedia molte informazioni importanti sulla fondazione della città, ma allo stesso tempo mette in allarme Lennon.
Se Miss Kahn non avesse fatto nulla – Il tempo a disposizione del gruppo sarebbe stato meno centellinato e i cultisti del Goblin non si sarebbero messi in allarme. Inoltre, analizzando la cosa a freddo, la giocatrice che manovrava Miss Kahn, agendo così, ha messo “un po’ di pepe” alla situazione, dando al climax una scossa in maniera non indifferente.
Ma Miss Kahn ha agito, quindi… – I nostri dovranno correre, e la soluzione probabilmente non sarà indolore.
Perché Miss Kahn ha agito così? – Perché è una donna forte, e sa che la paura non si combatte stando fermi. Inoltre, è stata lei la penultima persona a vedere la piccola Mary prima che scomparisse e si sente in colpa. Quindi, sceglie di andare, da sola, a parlare con Mister Lennon, e prendersi addosso tutte le potenziali conseguenze.
Scelta #2 – Il Detective McGee apre il fuoco
I nostri impavidi protagonisti scoprono un passaggio che conduce a un antico tempio sotterraneo. Lì sono posizionate, secondo uno schema a loro oscuro, le piccole bare delle ragazzine sacrificate e fatte morire di inedia ogni dieci anni per “dar nutrimento” al Goblin e rinnovare il patto siglato con i Lennon. I nostri – anche grazie al “pepe” aggiunto prima da Miss Kahn – riescono a trovare la bambina ancora viva e la portano via. Vengono però bloccati, appena usciti fuori, da alcuni dei cultisti inviati da Lennon: lo Sceriffo locale, il sindaco, due dei poliziotti colleghi di McGee e il padrone del pub locale. Bergmann, che ha in braccio la bambina, decide di nascondersi per proteggerla mentre McGee si offre di creare un diversivo. McGee urla texanamente che è per i cultisti è un “Gheim Ovaah” e apre il fuoco. McGee e la Kahn riescono a uscirne vivi ma entrambi feriti, la bambina ne esce illesa e Bergmann trova un furgone da guidare per portare tutti fuori dal villaggio.
Se McGee avesse fatto altro – Questo è uno dei veri punti di svolta della trama. McGee stava agendo innanzitutto per creare un diversivo e permettere a Bergmann di allontanarsi con la bambina. Ha scelto di sua sponte di aprire il fuoco. Se non l’avesse fatto, la storia avrebbe preso una piega completamente diversa: lui e Miss Kahn avrebbero potuto finire uccisi, o catturati dai cultisti. Magari avrebbe permesso a Bergmann di fuggire comunque con la bambina, ma gli altri due protagonisti avrebbero dovuto trovare un modo alternativo per non farsi uccidere.
Ma McGee ha agito, quindi… – I nostri si sono assicurati una fuga priva di problemi essendosi sbarazzati di alcuni tra i cultisti più pericolosi che, tra le altre cose, sapevano pure dei loro spostamenti, aprendo quindi la strada, successivamente, alla vera entità della storia: il Goblin, che andremo a vedere di seguito. Se McGee non avesse eliminato i cultisti, la figura del Goblin, rimasta fino a quel momento sullo sfondo, non avrebbe avuto motivo di comparire perché i villain sarebbero stati sempre e comunque umani.
Perché McGee ha agito così? – McGee è stato presentato come un eroe integerrimo. Come Detective e fiero Deputy di Eagle Point aveva fede nella legge, ma si è trovato di fronte il suo capo e due suoi colleghi. Si è sentito tradito e ha capito che quello era il momento in cui lui, come un eroe, poteva brillare sui loro loschi intenti o, per lo meno, fare la cosa che considerava più giusta e salvare una bambina innocente.
Scelta #3 – Il Professor Bergmann di fronte al Goblin
Due dei nostri, McGee e la Kahn sono feriti, la bambina dorme sulle gambe di Miss Kahn, e Bergmann guida. Sono tutti concordi nell’andare via dal paese prima possibile. Sanno che uscire dai confini di Eagle Point è l’unico modo per averla vinta sul Goblin e i cultisti. Nonostante tutto, l’unica persona che alla piccola Mary rimanga è sua zia, che i nostri sanno essere innocente ed estranea ai fatti. Bergmann insiste per cercare di salvare anche lei. Bergmann scende dal furgone ma trova la porta di casa della zia di Mary aperta, e ne esce il Goblin. Il Goblin spiega a Bergmann che la zia è morta e che, qualunque cosa sceglierà di fare, lui non lo fermerà: se gli darà la bambina, allora il patto potrà continuare, ma se non lo farà e uscirà dai confini, allora si vendicherà su tutto il paese. Bergmann decide di salvare Mary e scappa verso il furgone.
Se Bergmann avesse fatto altro – Ovviamente questa è una scena finale, di fatto l’ultima scelta dei giocatori prima di andare in ending. Bergmann avrebbe potuto scegliere diverse cose, a seconda del suo carattere: avrebbe potuto decidere di rimanere nel villaggio cercando di aiutare il Goblin e facendosi così accettare dalla comunità. Avrebbe potuto cercare di scendere a patti – e in quel caso sarebbe stato solo compito del giocatore scegliere le parole giuste. Avrebbe anche potuto attaccare disperatamente il Goblin, sicuramente perendo nel tentativo, ma rendendo la scena molto drammatica e magari permettendo agli altri di fuggire. Tutto ciò, alla fine, avrebbe cambiato le possibilità di finale e sancito in maniera diversa chi si sarebbe salvato e chi no.
Ma Bergmann ha agito, quindi… – il nostro ex professore ha scelto di salvare la bambina e lasciare che quelli del villaggio soffrissero le conseguenze di ciò che avevano fatto e delle persone che avevano sacrificato prima di Mary. In un certo senso, ha giocato a “dio” ed è innegabile che dovrà soffrire dentro di sé le conseguenze di tutte le persone che, con il suo agire, ha condannato.
Perché Bergmann ha agito così? – Bergmann ha agito così perché per molto tempo dopo il suo incidente è rimasto completamente solo. L’idea stessa, dopo un lungo tempo di solitudine e ritiro, di perdere persone che per lui avevano cominciato a significare qualcosa, specie quella bambina che si è imposta come un imperativo categorico da risolvere nella sua vita, gli risultava impossibile. Ha deciso di non cedere e salvare ciò che per lui era importante: Miss Kahn, McGee (i suoi compagni) e Mary (l’innocente). Un modo di agire egoistico, certo, ma a suo modo umano.
Siamo in ending: i nostri raccolgono i frutti delle loro precedenti scelte. Scappano a rotta di collo sopra il furgone che sono riusciti a trovare. Mary si sveglia e li ringrazia, ma ha bisogno al più presto di cure mediche, così come la Kahn e McGee, feriti dallo scontro con i cultisti. I nostri riescono ad arrivare nella città più vicina uscendo comunque quasi indisturbati dai confini di Eagle Point. Quando finalmente si ritrovano tutti insieme dopo molte ore di cure, scoprono da un notiziario che Eagle Point è stata completamente distrutta da un terremoto improvviso e che non c’è nessun superstite. A parte loro.
Le scelte dei personaggi come dicevo sono dettate dalla loro interiorità e da quello che sentono. Ciò che penso è che agire in maniera sempre oggettivamente “giusta” (sempre che esista, una maniera “giusta”) rende il personaggio piuttosto disumano. Un personaggio credibile, in ogni gioco di ruolo, va manovrato con i suoi pregi e i suoi difetti. E così come non esiste una persona senza difetti, nemmeno i personaggi, che sono vere e proprie “proiezioni”, fanno differenza.
Così finisce questa storia, cambiata dalle scelte dei personaggi, che con le loro azioni plasmano il mondo.
Grazie a: Anna, Giuseppe e Marco, che hanno reso questo articolo possibile.