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Vampiri la Masquerade – Riflessioni e riflessi notturni

Un pianoforte che suona, note nitide, alte, concatenate a formare una melodia tremendamente struggente. Vibrano sotto la mia pelle, perfette se non per una dissonanza impercettibile agli orecchi dei mortali. Un sol scordato, sono pochi mesi che non lo faccio controllare, ma si sente. Uno strazio per l’udito. Come il grido di dolore di un figlio per la propria madre.
Glielo devo dire, lui non se ne sarà accorto. Non può, semplicemente. Apro le braccia a ventaglio sulla superficie liscia del piumone del letto, nero come la pece, lo sento sotto i polpastrelli, le fibre di tessuto fredde e ruvide danno nel complesso una sensazione di vellutatezza. Inganno dei sensi.
Tutto è menzogna alla fine, in questo mondo. Io sono una menzogna. Io sono morta, secoli fa, e tutt’ora mi prendo vita del mondo camminando tra i mortali che mi credono una di loro. Povere vacche.
Questa città è menzogna. Il mio castello è fatto di bugie, pronto a crollare se non lo controllassi continuamente.
La mia carica è stata guadagnata col sangue, col tradimento, con vane promesse.
Sono qui perchè chi era al mio posto prima di me è morto, per sempre. Anzi. Ha finto di morire, ritirandosi nelle tenebre da cui traiamo energia. Si sta riposando per tornare. Devo stare in guardia, si, sempre.
Anche ora, in questo buio artificiale, diverso dalle tenebre dell’abisso, io vedo. Non vedo sagome, vedo disegni più complessi. Quello è l’importante.
Responsabilità e privilegi che secoli fa non avrei mai immaginato.
Una città da difendere, da far crescere, un nemico fin troppo vicino da abbattere. E altri più distanti.
La possibilità di avere quello che voglio, quando voglio. Chi voglio, quando voglio.
Ho imparato a sopravvivere ai miei vizi. Croce e delizia della mia vita eterna.
Senza un obiettivo, non si va avanti. Senza una ricompensa, non si guarda al domani.
Io ho imparato a godere delle piccole cose. Di un gemito di piacere del mio amante, del suo grido di dolore al mio morso. Del volto commosso di una mia serva premiata con una punizione più leggera di quella che meritava, di una madre che piange per il dolore che provoco a suo figlio strappandoglielo per sempre.
Il grido di dolore che è quel sol scordato.
Suo figlio che suona al piano inferiore, soddisfatto di essere con me per sempre.
Fa parte del gioco, dolore e piacere.
Devo dirglielo di quel sol scordato che sembra sua madre in lacrime anni fa quando lo portai via con me.
Mi sollevo, un colpo di reni, sono seduta sul mio letto. Una mano che precisa va ad accendere una luce soffusa sul comodino in legno laccato nero, lucido, accanto al letto.
Davanti a me la specchiera. Guardo in essa e vedo la mia camera.
Non vedo me stessa.
Ogni crepuscolo si ripete questa scena.
Per ricordarmi che non sono più umana, che sono diversa da loro.
Una predatrice eterna.

Giusto un’introduzione al mood della cronaca tutt’ora in corso in ambientazione Vampiri la Masquerade. Pensieri di una mente deviata, complessa, che deve reggere praticamente da sola un lembo di terra che è l’area metropolitana di Detroit. Un Sabbat che ha fin troppo vicino il nemico, la Camarilla, che cerca di resistere e riorganizzarsi. E nel frattempo, obiettivi personali, ideali, passioni e vizi a deviarla dal suo impegno preso con la Spada di Caino, con il Sabbat tutto.

Una cronaca che va avanti da anni, che vede le bizzarre avventure (citazione necessaria) di un branco di cainiti stretto nella grande Jyahd degli immortali di una delle aree più popolate del Michigan, tra tradimenti, sicari, macchinazioni machiavelliche, fanatismo e sentenze di morte.

Una cronaca che può essere decontestualizzata con un pò di accorgimento, per rivestire di panni nuovi i protagonisti delle vostre cronache.

A breve nuovi scorci sulla storia di Detroit e sui suoi personaggi, lasciando la visuale della maliziosa ArcivescovA Lasombra per osservare le acrobazie politiche e sociali di un branco in balia degli eventi.

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