Per l’articolo di oggi ho chiesto a Qwein di ripercorrere brevemente la storia dei giochi di ruolo, dalla nascita (lui c’era) fino ad oggi. Ciò che ne è uscito è questo bell’articolo che sa molto di amarcord. Chi non conoscesse Qwein può vedere il suo sito pieno di giochi di ruolo fatti in casa di cui gli chiederò di parlarci nei prossimi giorni. Stay tuned 🙂
Quando esplose il fenomeno anche in Italia nei primi anni ottanta i giochi o meglio il gioco Dungeons & Dragons appariva grezzo, ben diverso dal discorso del gioco interpretativo da cui deriva il nome. Si presentava più come un Wargame evoluto con la possibilità di caratterizzare i personaggi e farli evolvere, ma il filone narrativo era rilegato in secondo piano, e il gioco stesso preferiva la parte combattiva nei dungeon che forse in modo naif venivano ricreati su carta quadrettata. Ma già che i draghi parlassero, e che un nano potesse indossare una stufetta di ghisa, o caricarsi di tonnellate di ori e preziosi, passava decisamente in secondo piano rispetto alla novità del gioco stesso. Alcuni master aggiungevano nuove idee, avventure e cominciarono a uscire i vari e innumerevoli moduli che evolsero pure la parte narrativa, ora il gioco voleva e prevedeva una storia. Nasceva il gioco di ruolo, pur mantenendo una forte impronta combattiva, ma che veniva magnificata da un’altra innovazione i fantastici dadi con varianti insolite. Ora sono cose che non stupiscono più, ma chi come me ha respirato quei momenti, quei dadi apparivano come qualcosa di veramente fantastico.
Seguirono giochi memorabili, vere pietre miliari quali Cthulhu che ripercorreva la saga dello scrittore maledetto Howard Phillips Lovercraft, cui forse erroneamente si attribuisce il possesso del mitico Necronomicon, il libro scritto da un arabo folle di nome Abdul Ahalzred. L’horror prese un nuovo slancio e una visione diversa dal solito. Le diverse ambientazioni come periodi storici rapportabili ai giorni nostri o a epoche di proibizionismo statunitense, ci portò a calarci nel ruolo di investigatori dell’occulto perennemente in lotta contro i seguaci del dio malvagio Cthulhu.
Come dimenticare Star Wars dove per la prima volta ci fu concesso di calarci nei panni di Sky Walker e combattere Darth Vader e l’imperatore Palpatine. Forti dell’aver vissuto al cinema l’ultima uscita dell’Impero colpisce ancora. Film che ricoprirono un momento fondamentale della fantascienza mutandola per sempre. Ricordo ancora lo stupore della sigla iniziale a tutto volume e quelle scritte che salivano in una diagonale che si perdevano verso l’infinito.
Poi a metà degli anni ottanta proliferarono i giochi, una vera escalation, Cyberpunk che riprese il filone di Blade Runner film che diede il via a una nuova ambientazione, un futuro caotico. O come Storbringer che riprendeva la saga di Elrik di Melmibonè e la mitica spada nera. Questo fu il periodo magico dei giochi di ruolo, quello che io considero il momento migliore. I giochi venivano curati, e nei contenuti e nelle copertine, le rispettive storie erano curate e complete, ogni gioco aveva un suo diverso schema e sistema, uso di dadi e magari qualche piccola magagna ma che ogni master sapeva a modo suo e diversamente dagli altri risolvere. La magia del trovarsi attorno ad un tavolo, con un libro, semplici fogli di carta e qualche dado era cominciata. Nascevano storie accattivanti e se l’alchimia funzionava, potevi sognare di essere parte di quell’avventura che per la prima volta eri tu in prima persona a far evolvere gli eventi. Erano tempi in cui i ragazzi andavano in sala giochi, e i giochi non erano certo quelli di oggi, si sparava con le astronavi che parevano cubi di lego a fantomatici invasori spaziali. Oggi la barriera tra gioco da consolle o pc e gdr è infranta e sono innumerevoli i giochi che possono soppiantare il ruolo del master. Basti pensare che per telefonare…incredibile… usavamo le cabine telefoniche……quasi Jurassico.
Arrivando ai primi anni novanta dopo un boom durato quasi un decennio e arrivato un momento di stanca, quasi tra la prima generazione di master e giocatori non si fosse passato il testimone alla seconda. Qualche titolo usci, ma espansioni o altro rallentarono decisamente, cosi pure le riviste del settore vennero soppiantate da nuovi giochi che catturarono il favore del pubblico giovanile, quale Magic. Alcune perle come gioco uscirono ma vennero snobbate dai più forse perché già anacronistiche rispetto i nuovi tempi e le nuove necessità dei giocatori, Lex Arcana, un esperimento coraggioso ma senza forse troppa fiducia, da parte della casa editrice Dal Negro, famosa per la creazione di carte da gioco e set per gioco da tavolo, fece capolino. L’ambientazione in un ipotetico impero romano non caduto per mano dei barbari invasori, infarcito di magia fu una sorpresa, nonostante le pecche di ingenuità nel tentativo di ripercorrere un possibile parco mostri italico rispecchiando le leggende, usi e costumi delle varie regioni. Altri giochi di rilevante importanza fecero capolino ma oramai l’onda era diversa, e i giochi di ruolo presero a essere prodotti di nicchia, per pochi che li conoscevano o li avevano giocati o masterizzati negli anni precedenti. Nonostante questo Dungeons & Dragons continuava ad avere un zoccolo duro di adepti. Cosi arrivò Advanced D&D.
Poi arrivò la svolta nel 2000 quando ci apprestavamo a entrare nell’euro arrivò nemmeno troppo timidamente D&D 3 poi 3.5 con una ventata di innovazioni. Via i dadi che fecero di D&D un mito, sostituiti da un unico dado da 20 facce d20. Fu subito accolto con entusiasmo e altre case editrici forti di questa nuova onda convertirono i loro giochi al D20. Personalmente per me fu l’inizio di una bruttura, una forzatura che arrivò a rovinare i giochi come Star Wars, Cthulhu in quanto la forbice allargata nei risultati poteva offrire solo dei risultati medi, togliendo in proporzione i pieni insuccessi e pieni successi. Rendendoli più rari per intenderci. Da giocatore di ruolo smisi di giocare. Ma almeno i giochi mantenevano quello che erano stati, giochi di interpretazione, dove avevi un ruolo da interpretare, quindi storcendo il naso a questa innovazione vedevo comunque positivamente il fatto che una nuova generazione si avvicinasse al mio mondo di giochi. Era anche il periodo di Warhammer e molti i giovani che presero a crearsi eserciti di miniature splendidamente dipinti e avviare epiche battaglie. Ma il mondo dei giochi pareva poter sopportare entrambe le filosofie.
Personalmente preferivo orientarmi verso piccoli prodotti paralleli che mantenevano quell’alone quasi magico che io cercavo nei giochi di ruolo, ma che oramai erano quasi prodotti amatoriali.
Nel mentre arrivando ai giorni nostri Magic risentiva di una stanca e i giovani avevano oramai sviluppato i nuovi wargamese. Forse a questo ha pensato la casa editrice di Dungeon & Dragons quando ha creato la quarta edizione. Di fatto eliminando quelle classi storiche che erano parte della storia del gioco dalle sue origini, preferendo quelle più vicine a Warhammer e mutando il gioco in un wargames, eliminando non solo la parte intepretativa ma inserendo talmente tante regole per il combattimento da rendere il ruolo del Master quasi inutile. Un compromesso che sicuramente farà si che questa ennesima mutazione del gioco di ruolo viva un ennesimo momento di gloria, magari inserendo una nuova generazione di giocatori, ma che io a fatica riesco a definire gioco di ruolo. Non di certo dopo aver vissuto gli anni ottanta. Mi chiedo se nel nome del commercio, nel nome del voler fare sopravvivere un filone di gioco che altrimenti si sarebbe estinto o tornato un prodotto per pochi, sia valsa la pena distruggerne l’anima, l’essenza.
Qwein
Non potrei essere più d’accordo e non mi sento di aggiungere nient’altro, hai centrato (almeno secondo me) esattamente come stanno le cose.